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Graviano: "Mai conosciuto Dell'Utri"

E smentisce il pentito Spatuzza

Filippo Graviano e Lo Nigro negano la presunta trattativa Stato-mafia. Berlusconi: "Siamo alle comiche"

il processo a palermo contro il senatore pdl

 

2009-12-12

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2009-12-12

il processo a palermo contro il senatore pdl

Graviano: "Mai conosciuto Dell'Utri"

E smentisce il pentito Spatuzza

Filippo Graviano e Lo Nigro negano la presunta trattativa Stato-mafia. Berlusconi: "Siamo alle comiche"

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Spatuzza: "Graviano ordinava omicidi dal tribunale" di G.Bianconi

Marcello Dell'Utri (Ansa)

Marcello Dell'Utri (Ansa)

MILANO - "Non ho mai conosciuto il senatore Dell'Utri né direttamente né indirettamente e quindi non ho mai avuto rapporti con lui". Filippo Graviano, collegato in videoconferenza con l'aula di Palermo dove si svolge il processo al senatore del Pdl, sceglie di rispondere ai giudici e fa segnare un punto alla difesa di Dell'Utri, imputato per concorso esterno in associazione mafiosa. L'ex boss di Brancaccio smentisce inoltre il pentito di mafia Gaspare Spatuzza sul loro colloquio del 2004 e sulla presunta trattativa tra lo Stato e Cosa Nostra. Anche Cosimo Lo Nigro non conferma quanto riportato dal collaborante. La settimana scorsa, a Torino, Spatuzza ha indicato i Graviano come le fonti di tutte le sue informazioni sul presunto legame tra Silvio Berlusconi e Dell'Utri con gli ambienti mafiosi. "E che vi devo dire...? Ci sono state delle comiche" è stato il commento a caldo del premier alle dichiarazioni di Filippo Graviano. "Che vi aspettavate? Sono tutte chiacchiere, tutte falsità" ha aggiunto il capo del governo sorridendo ai giornalisti. La deposizione di Graviano, secondo il presidente della Camera Gianfranco Fini, "dimostra che occorre avere fiducia nella volontà e nella capacità della magistratura di accertare la verità". "Spatuzza è un pentito e Graviano no - è il parere di Massimo D'Alema -. Certo, spetta ai magistrati accertare il pentimento ma se un pentito fa una rivelazione sul capo mafia è difficile che l'altro lo confermi" ha aggiunto l'ex ministro.

"MAI DETTO DI ASPETTARMI AIUTI" - Nel corso di una conversazione tra l'ergastolano Filippo Graviano e Spatuzza, avvenuta nel 2004 a Tolmezzo, il boss di Brancaccio, secondo il pentito di mafia, avrebbe detto: "Se non arriva nulla da dove deve arrivare possiamo pensare a parlare con i magistrati ma prima dobbiamo parlarne con mio fratello Giuseppe". Ma Filippo Graviano nega. "Non ho mai detto quelle cose a Spatuzza". L'ergastolano smentisce di aver detto a Spatuzza di aspettarsi degli "aiuti" come presupposto per l'inzio di una collaborazione Stato-mafia. "Se ci fosse stata una vendetta da consumare non avrei aspettato tanto... Non è che abito in un hotel" ha spiegato Graviano ai giudici di Palermo, spiegando come da parte sua non c'è mai stata l'intenzione di rivalersi su presunti torti subiti per promesse non mantenute. L'ex boss di Brancaccio ha sottolineato come "nel '94 (periodo in cui, secondo Spatuzza, i Graviano avrebbero avuto assicurazioni da settori della politica ndr) non c'era nessuno che doveva farmi promesse, perché io all'epoca dovevo scontare solo quattro mesi di carcere. Perchè avrei dovuto chiedere aiuto?".

GIUSEPPE GRAVIANO NON RISPONDE - A differenza del fratello Filippo, il boss Giuseppe Graviano, citato come teste, si è avvalso della facoltà di non rispondere. "Il mio stato di salute - ha detto - non mi consente di rispondere all'interrogatorio. Quando potrò informerò la Corte".

LO NIGRO - "Non sono mai stato a Campofelice di Roccella e i Graviano li ho conosciuti solo in carcere" ha detto invece Cosimo Lo Nigro, accettando di deporre. Anche Lo Nigro, l'ultimo teste sentito venerdì, ha smentito dunque quanto riferito da Spatuzza che ha raccontato di avere partecipato, alla fine del '93, a un incontro con Giuseppe Graviano e Cosimo Lo Nigro nel corso del quale il capomafia di Brancaccio gli avrebbe detto che era necessario fare l'attentato contro i carabinieri allo Stadio Olimpico di Roma "così chi si deve dare una mossa, se la dà". Frase che il pentito interpretò come riferita a una trattativa in corso tra la mafia e una parte della politica che, proprio un nuovo eccidio, avrebbe dovuto accelerare.

"MERAVIGLIATO DALLA SUA DIGNITÀ" - "Da dieci anni ho messo la legalità al primo posto nella scala dei miei valori" ha anche detto Filippo Graviano. Parole che hanno colpito molto Dell'Utri. "Sono meravigliato della dignità e della compostezza di questo signore. Nel guardarlo ho avuto l'impressione di dignità da parte di uno che si trova in carcere e ha delle sofferenze" ha spiegato il senatore, dopo la conclusione della deposizione del boss. "A differenza dell'impressione che mi ha fatto Spatuzza, mi è parso di vedere dalle parole di Filippo Graviano il segno di un percorso di ravvedimento" ha aggiunto Dell'Utri. "Una grande attesa, e oggi tutto questo si è sgonfiato si è annullato - ha detto poi il senatore del Pdl nel corso de Il Fatto del giorno-. È rimasto lo sputtanamento del Paese, dell'Italia, del governo, il tentativo di coinvolgere Berlusconi in una cosa indegna".

"BURATTINAIO" - Alla domanda se dietro i suoi processi abbia intravisto una regia, Dell'Utri ha replicato di credere all'esistenza di un burattinaio. Chi è? Gli è stato chiesto. "Non sono in grado di fare nomi e cognomi - ha detto il senatore - ma certo è che c'è un circuito mediatico-giudiziario che cerca di mistificare le cose. Ci sono dei pm che dichiarano apertamente le loro intenzioni: buttare giù Berlusconi e il governo, in combutta con certa informazione".

ATTACCO AD ANNOZERO - In una pausa dell'udienza di Palermo, prima della deposizione dei Graviano, Dell'Utri aveva attaccato duramente Annozero di Santoro. "È scandaloso quello che è stato fatto" ha detto il senatore, attaccando in particolare l'intervento di Marco Travaglio su Vittorio Mangano andato in onda giovedì sera. "Sono stanco: dopo 15 anni, lo dico, sono stanco, sinora ho cercato di stare relativamente tranquillo ma ora sono proprio stanco" ha detto il senatore Pdl. "Oggi i processi li fanno in televisione e sono finito in un circuito mediatico. Chiedo ai giudici di essere giudicato subito, finiamola con questa storia". A proposito della puntata di Annozero Dell’Utri ha anche annunciato di aver preparato "un esposto formale contro il programma di ieri che è da paese incivile". "Il processo stava per finire - ha ricordato poi il senatore del Pdl - quando ci hanno buttato dentro tutta questa spazzatura che fa perdere solo tempo". Poi un nuovo affondo su Annozero: "Hanno detto tutte cazzate. Le date della vicenda relativa all'arresto di Mangano erano tutte sbagliate".

LA DIFESA CONTESTA I PM DI FIRENZE - Al Palazzo di Giustizia del capoluogo siciliano i legali di Dell'Utri hanno contestato, all'inizio dell'udienza, la scelta dei pm di Firenze che nei giorni successivi alla deposizione di Spatuzza a Torino, avrebbero interrogato in carcere i boss Graviano.

"Denunciamo questa condotta della Procura che riteniamo inopportuna e priva di riguardo nei confronti della Corte" hanno detto gli avvocati di Dell'Utri.

11 dicembre 2009(ultima modifica: 12 dicembre 2009)

 

 

PENTITI, PROCESSI E IMMAGINE DEL PAESE

Una commedia all'italiana

Dopo la commedia dell’arte e il melodramma l’Italia sembra avere inventato, per la gioia dei suoi osservatori più malevoli, un terzo genere teatrale: quello tragico e farsesco del processo all’italiana. I due ultimi spettacoli sono andati in scena a Perugia e a Torino con grande successo e ci hanno garantito per alcuni giorni un posto fisso sulle prime pagine della stam­pa internazionale. Il pri­mo ha suscitato l’indigna­zione di molti americani, ma ha soddisfatto gli ingle­si e ha esteso a molti altri Paesi il gioco della con­trapposizione morbosa fra innocentisti e colpevolisti. Il secondo è stato visto e letto come il copione d’uno straordinario dram­ma sui rapporti fra mafia e politica.

Non tutti gli osservatori stranieri conoscono i mec­canismi delle nostre proce­dure giudiziarie, e gli ame­ricani, in particolare, si so­no accorti con sorpresa che il nostro processo, guarda caso, è molto diver­so dal loro. Poiché nulla è tanto assurdo quanto ciò che non si riesce a capire, Perugia e Torino hanno contribuito a diffondere nel mondo l’immagine di una giustizia confusa e pa­sticciona. Nel caso del se­condo, in particolare, il co­ro stonato delle reazioni politiche, a cominciare da quelle del presidente del Consiglio, ha dato a molti spettatori la sensazione di un Paese litigioso, pieno di pagine oscure e incapa­ce di fare giustizia.

Esistono tuttavia voci più equilibrate. In un’inter­vista al New York Times sul processo di Perugia, un noto avvocato e profes­sore americano, Alan Der­showitz, ha osservato che Amanda Knox potrebbe es­sere favorita in ultima ana­lisi dall’esistenza in Italia di un processo di seconda istanza alquanto diverso dall’appello americano. E’ un processo ex novo in cui ogni prova viene nuova­mente scrutata e pesata con esami più approfondi­ti. Ne abbiamo avuto la di­mostrazione ieri a Paler­mo quando abbiamo con­statato che la testimonian­za di Gaspare Spatuzza era soltanto il passaggio ne­cessario di una procedura soggetta a confronti e veri­fiche. E’ probabile che le discordanti testimonianze di Spatuzza e Filippo Gra­viano scatenino il gioco delle ipotesi sulle strate­gie della mafia. Ma ciò che conta, dal punto di vista processuale, è che il pri­mo è stato smentito dal se­condo. A questo punto tut­ti, incluso il presidente del Consiglio, farebbero bene a ricordare che i processi non sono partite di calcio in cui ogni gol suscita spe­ranze di vittoria o timori di sconfitta. Sono percorsi logici in cui ogni ipotesi viene sottoposta a un esa­me della verità. Pensare che una testimonianza ba­sti da sola a pregiudicarne l’esito e che da essa si pos­sano trarre analisi politi­che è sbagliato. Ai giudici non serve in queste occa­sioni una tumultuante giu­ria popolare. Serve soprat­tutto un po’ di silenzio. E poiché i migliori esempi vengono dall’alto, un Ber­lusconi più distaccato e pa­ziente potrebbe aiutarci a convincere il mondo che l’Italia è meglio della sua attuale immagine.

Sergio Romano

12 dicembre 2009

 

 

 

per garantire il rispetto della disciplina prevista dal Codice di autoregolamentazione

La Rai: "Stop a docu-fiction e televoto"

Santoro non ci sta, la Setta sì

La stretta in una lettera del direttore generale Mauro Masi. Il giornalista: "Nessuna legge li vieta"

Monica Setta conduttrice de "Il fatto del giorno" (LaPresse)

Monica Setta conduttrice de "Il fatto del giorno" (LaPresse)

ROMA - Stop all'uso del televoto e di docufiction su vicende giudiziarie in corso nei programmi di approfondimento informativo. A quanto si apprende è questo il senso di una lettera che il direttore generale della Rai Mauro Masi ha inviato a tutti i direttori di reti e testate. L'indicazione arriva sulla base dei principi, confermati anche di recente dalla Suprema Corte, in tema di rivisitazione televisiva di fatti delittuosi oggetto di indagini o processi per garantire il rispetto della disciplina prevista dal Codice di autoregolamentazione in materia di rappresentazione di vicende giudiziarie nelle trasmissioni radiotelevisive.

SANTORO - La replica di Michele Santoro alla lettera del direttore generale della Rai è decisa: non ci sono "leggi, sentenze o regolamenti di qualsivoglia autorità che impediscano di fare cronaca giudiziaria con l'uso di attori". "Mentre esistono chiare normative che impediscono l'uso del televoto o dei sondaggi su vicende giudiziarie - sottolinea Santoro - non ci risulta che vi siano leggi, sentenze o regolamenti di qualsivoglia autorità che impediscano di fare cronaca giudiziaria con l'uso di attori. Siamo convinti di questo - aggiunge l'ideatore e conduttore di Annozero - così come siamo convinti che sia necessario tutelare il diritto di cronaca, la libertà di espressione e la creatività di ogni trasmissione. Riteniamo quindi - è la conclusione di Santoro - che la questione non si possa risolvere emanando una circolare, ma che sia compito del cda della Rai fare una valutazione approfondita. Per quanto ci riguarda, pur essendo già pronti a soddisfare con altri mezzi il bisogno di informazione del pubblico, siamo a disposizione per fornire tutti gli elementi utili a prendere la decisione migliore".

MONICA SETTA - Al contrario di Santoro, ma sul televoto, Monica Setta, conduttrice del programma pomeridiano di Raidue, Il Fatto del giorno (che tra l'altro ha ricevuto la solidarietà di Antonio Di Pietro), si è detta disponibile di rendere operativa la decisione del direttore generale: "Condivido la decisione di Masi di non fare più i televoti nel mio programma. Sono difficili da gestire". "Già il direttore di Raidue Massimo Liofredi - prosegue Setta - mi aveva comunicato l'esigenza di non fare più il televoto, ed io sono d'accordo. È vero, i sondaggi sono perfetti dal punto di vista della dislocazione territoriale, ma sono davvero difficili da gestire. Tanto più che i risultati arrivano a fine programma e gli ospiti vogliono replicare ma non c'è tempo".

GARIMBERTI - Anche il presidente della Rai Paolo Garimberti si è detto convinto che abolire docufiction e televoto sui procedimenti in corso sia una cosa buona: "Sono assolutamente d'accordo con Masi e lo è tutto il cda". "Del resto il direttore generale - ha proseguito Garimberti - ha messo in pratica come suo compito l'indicazione emersa dal cda ed è quindi una cosa pacifica". Garimberti ha ricordato inoltre che "le indicazioni sono erga omnes, ma in particolare la discussione ha riguardato la trasmissione Il fatto del giorno dove c'è un televoto che consideriamo improprio. Anzi proprio da lì è partita l'idea di sopprimerlo del tutto dalle trasmissioni che trattano processi ancora in corso". Le misure riguardano anche Santoro? Garimberti ha risposto che "si è anche parlato di Annozero che fa uso di docufiction e non lo dovrà più fare".

CONSIGLIO UTENTI - Il Consiglio Nazionale degli Utenti (Cnu), organismo dell'Agcom, ha detto la sua in una nota: "Un atto dovuto il fatto che si vieti docufiction e televoto durante le trasmissioni che trattano di processi ancora in corso. E` una pratica che rischia di drammatizzare in modo eccessivo tanti fatti di cronaca". " Il rischio è di snaturare l`informazione facendola diventare intrattenimento - continua la nota -. Non vanno poi fornite ricostruzioni della realtà frutto di interpretazioni arbitrarie".

 

11 dicembre 2009(ultima modifica: 12 dicembre 2009)

 

 

 

 

 

Minzolini: "Le balle di Spatuzza

hanno danneggiato l'Italia"

"Berlusconi danneggiato come Andreotti. C'è qualcosa di sbagliato nel sistema giudiziario"

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NOTIZIE CORRELATE

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Minzolini: "Manifestazione assurda"Il Pd: "Editoriale senza precedenti" (3 ottobre 2009)

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Minzolini: "Sono direttore del Tg1,è un mio diritto fare editoriali" (14 ottobre 2009)

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Immunità, Minzolini in campo (9 novembre 2009)

ROMA - Il direttore del Tg1, Augusto Minzolini, torna in video per un editoriale, dopo le polemiche dell'ottobre scorso, intervenendo dopo la deposizione del boss Filippo Graviano che al processo a Marcello Dell'Utri ha smentito il pentito Gaspare Spatuzza. Minzolini si è chiesto se la grande eco data alle parole, anzi "le balle", o per dirla come hanno detto tutti "alle minchiate" di Spatuzza si "poteva evitare". "Forse sì - risponde - se si fosse seguita alla lettera la legge sui pentiti". Minzolini, dopo aver ricordato che l'importanza attribuita, anche a livello mondiale, alle parole di Spatuzza ha danneggiato l'immagine dell'Italia e del presidente del Consiglio, ha ricordato anche il caso di Giulio Andreotti: era già capitato con lui, ha detto, "ci ha messo più di dieci anni per liberarsi della leggenda del bacio a Riina, ed è stato danneggiato non solo l'interessato ma anche il Paese".

RIFORMA DELLA GIUSTIZIA - Per Minzolini "il caso Spatuzza è solo l'ultima prova, ma l'elenco è infinito, del fatto che nel nostro sistema giudiziario c'è qualcosa di sbagliato. Le polemiche su questioni di forma - ha concluso - non devono impedire di guardare ai problemi veri, e la riforma della giustizia è uno di questi".

LE REAZIONI - Il primo a scendere in campo contro l'editoriale è stato Paolo Gentiloni, presidente del forum Comunicazioni del Pd: "Evidentemente Minzolini non si è accorto di essere il direttore del maggiore telegiornale del servizio pubblico: crede di essere alla guida del Il Giornale o di Libero. Lo informiamo che la Rai non è ancora di proprietà di Berlusconi o dei suoi amici". Roberto Zaccaria ha parlato di editoriale "pericoloso" perché tenta di "schierare il Tg1 come un giornale di parte". Per Pancho Pardi, capogruppo del Pd in Vigilanza, "Minzolini non è il direttore del più importante telegiornale italiano, ma avvocato difensore e soprattutto megafono di Berlusconi". E il segretario Usigrai Carlo Verna ha definito Minzolini "un corpo estraneo al servizio pubblico" Dal Pdl ha replicato il portavoce, Daniele Capezzone: "Gli attacchi contro Augusto Minzolini sono ormai indecenti. Secondo i signori della sinistra la libertà di parola vale per tutti tranne che per Minzolini?". Per il capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto, "i paladini della libertà di stampa del centrosinistra vogliono imbavagliare Minzolini. Ad essi va bene solo un'informazione al loro servizio". E Giorgio Lainati, vicepresidente della Vigilanza, ha bollato l'atteggiamento dell'opposizione come "la "spedizione punitiva" di chi vorrebbe negare anche al direttore del Tg1 la possibilità di parlare sempre e comunque nel rispetto dei telespettatori e degli abbonati al servizio pubblico". "È sempre la solita storia: l'informazione è libera solo quando dice ciò che fa comodo al Pd e all'Italia dei Valori. Gli attacchi al direttore del Tg1, Minzolini, reo di aver fatto delle osservazioni di buonsenso su temi che interessano i cittadini, sono la prova che per l'opposizione esistono due pesi e due misure": così Maurizio Lupi, vicepresidente Pdl della Camera. "Qual è la vera informazione - aggiunge - i gossip senza fondamento di Repubblica, le 'ballè di Spatuzza o i filmini di Santoro?".

I PRECEDENTI - Anche i precedenti editoriali di Minzolini avevano suscitato polemiche: da quello di insediamento sul gossip e sull'inchiesta di Bari, all'intervento contro la manifestazione per la libertà di informazione a quello, più recente, sull'immunità parlamentare.

 

11 dicembre 2009(ultima modifica: 12 dicembre 2009)

 

 

 

 

DURANTE LA PUNTATA DI ANNOZERO

Insultò Travaglio, Sgarbi condannato

Nel 2008 l'allora assessore di Milano rivolse in tv diverse parolacce al giornalista. Dovrà pagare 30mila euro

Vittorio Sgarbi (Eidon)

Vittorio Sgarbi (Eidon)

Apostrofò Marco Travaglio con insulti e parolacce durante la puntata di Annozero del primo maggio 2008 (guarda il video). Per questo Vittorio Sgarbi dovrà pagare trentamila euro. Lo ha stabilito il tribunale civile di Torino, che ha condannato il sindaco di Salemi anche al pagamento delle spese legali e ha rigettato la sua richiesta di risarcimento danni per le presunte offese ricevute dal giornalista. La sentenza, secondo quanto ha reso noto uno dei legali di Travaglio, Andrea Fiore, è stata depositata il primo dicembre scorso ed è firmata dal giudice Maria Francesca Christillin. Nel corso della trasmissione dedicata a Beppe Grillo, Sgarbi, all'epoca dei fatti assessore alla Cultura del comune di Milano, apostrofò Marco Travaglio con insulti e parolacce. In particolare, durante la puntata condotta da Michele Santoro Travaglio stava parlando della "cacciata" di Enzo Biagi dalla Rai, quando Sgarbi lo interruppe dicendo: "Siamo un grande Paese con un pezzo di m... come te..". L'allora assessore accusò poi il giornalista di essere "un diffamatore" e di "dire bugie".

 

10 dicembre 2009(ultima modifica: 11 dicembre 2009)

REPUBBLICA

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2009-12-12

 

L'UNITA'

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2009-12-12

Graviano: "Dell’Utri? Non l’ho mai conosciuto"

di Saverio Lodatotutti gli articoli dell'autore

Signor Filippo Graviano, conosce il senatore Marcello Dell’Utri? "No". Ha mai avuto rapporti di qualsiasi tipo con Marcello Dell’Utri? "Assolutamente no. Né direttamente né indirettamente. No". Filippo Graviano, 48anni, pullover verde acqua a V, camicia bianca, sguardo gelido, una prosa ancorata solo a periodi ipotetici di terzo tipo, non solo non conferma Gaspare Spatuzza ma lo smentisce dalla A alla Z. Non lo tratta male, né lo critica per la sua scelta collaborativa. Lo smentisce, e basta. Al presidente del tribunale di Palermo, Claudio Dell’Acqua, che gli chiede se intende avvalersi della facoltà di non rispondere, Filippo Graviano premette che risponderà nei "limiti delle mie possibilità". E sarà un fiorire di risposte precedute da una sfilza di "se...", assai cautelativi. Il P.G., Antonino Gatto, si avvicina alla domanda fatidica – centrale nell’udienza di Torino - sulle aspettative di Cosa Nostra rispetto a Forza Italia, e Graviano taglia corto: "questa domanda che sta tentando di farmi mi è già stata rivolta in cinque interrogatori. La frase: se non arriva niente da dove deve arrivare, possiamo pensare di parlare con i magistrati... che mi attribuisce Spatuzza. Ma queste parole non le ho mai dette, perché non potevo dirle". E perché non poteva dirle? Graviano: "Nel 1994 sono fui arrestato per scontare 4 mesi. Quindi nessuno aveva da promettermi niente ". Il colloquio Spatuzza- Graviano, si sarebbe svolto nel 2004 nel carcere di Tolmezzo dove i due si incontrarono, per la prima volta, da detenuti . Graviano: "se avessi voluto consumare una vendetta (contro Berlusconi e Dell’ Utri n.d.r.) non avrei atteso 5 anni. Non è che abito in un hotel. L’avrei detto prima. Non ho cercato scorciatoie. Non ho cercato mai i magistrati".

IL SUCCO DELL’UDIENZA

La polpa dell’udienza di ieri – 11 dicembre 2009, San Damaso I, Papa, patrono degli archeologi - è tutta qui. Anche perché il fratello di Filippo, Giuseppe Graviano, si è avvalso della facoltà di non rispondere, adducendo ragioni di "cattiva salute", affidando al difensore, Gaetano Giacobbe, una lettera in cui denuncia di essere "sepolto vivo" per effetto del 41 bis. Infine, non si è cavato nulla da Cosimo Lo Nigro che, a domanda se conoscesse Graviano Filippo, ha concesso: "può essere che acquistava pesce nel mio negozio, in via Bergamo. Avevo una pescheria"; e negato di essere mai andato a Campofelice di Roccella, dove Spatuzza colloca, nel 1993, un suo incontro proprio con lui e con Giuseppe Graviano. PLATONE Nei suoi Dialoghi, da qualche parte, Platone scrive che "L’uomo interrogato bene risponde sempre bene". Che forse i tre signori interrogati ieri dalla corte d’appello, dal PG, e dai difensori, ma assai laconicamente, e va rilevato, sono stati interrogati "male"? Ci mancherebbe. Non è questo che si vuole sostenere. Le domande erano, umanamente parlando, le più logiche che potessero essere rivolte in una simile circostanza. La questione è un’altra. Domande sacrosante, ma, semmai, rivolte alle persone sbagliate. E qui ci permettiamo di aprireuna parentesi a beneficio di lettori chenondovesseromasticare la materia. Se è inusuale che le dichiarazioni di Spatuzza siano finite in dibattimento prima di quella verifica che alle parole diuncollaboratore conferisce patente di attendibilità o no, è ancor più inusuale che, a far da cartina di tornasole alle parole del "collaboratore ", siano stati chiamati tre "uomini d’onore". Evidentemente, i tempi devono essere cambiati. Ché quando si trattò di verificare le parole di Buscetta su Andreotti, insorse il "partito dei sostenitori di Badalamenti ". Volevano a gran voce che "don" Tano tornasse dagli Usa – e il generale Mario Mori sembrò caldeggiare quest’ipotesi - per sentire anche "l’altra campana". Non se ne fece nulla. Il viaggetto di Badalamenti sfumò perché qualcuno, sensatamente, fece notare che Badalamenti negava che esistesse la mafia, oltre che di farne parte. Che poteva saperne di Andreotti colluso o no? Naturalmente, le deposizioni dei tre "uomini d’onore" quelle sono. E univoche: non sappiamo chi sia Dell’Utri. Ora qualcuno farà notare che Filippo Graviano ha pronunciato calorose affermazioni pro buoni sentimenti, pro legalità, pro istituzioni. A noi è sembrato che gli stia a cuore accreditarsi, in carcere, come Difensore Civico dei detenuti. Ambizione rispettabilissima e commendevole, ma che non muta la sua condizione di ergastolano autore di stragi. Per finire, Dell’Utri. Riferendosi a Filippo Graviano: "Nel guardarlo ho avuto l’impressione, a differenza di Spatuzza, della dignità da parte di uno che si trova in carcere e soffre. Credo nel suo processo di ravvedimento ". Ma è risaputo che, quanto a "eroi", il senatore ha una sua personalissima graduatoria.

12 dicembre 2009

 

 

 

 

Spatuzza: "Così ci misero in mano il paese"

di Mariagrazia Gerinatutti gli articoli dell'autore

Un brusio accompagna l'ingresso nell'aula del pentito che accusa Berlusconi e Dell'Utri. Gli occhi di tutti sono puntati su di lui, Gaspare Spatuzza, "u tignusu". Le telecamere sono voltate dall'altra parte. "Per motivi di protezione, non potete riprenderlo", ricorda il giudice, aprendo l'udienza straordinaria, richiesta dalla Procura di Palermo, nell'ambito del processo d'appello al senatore dell'Utri. Per ascoltarlo, difesa, accusa, giudice, si sono trasferiti a Torino, nella maxi-aula, bonificata prima dell'inizio dell'udienza. A sentire la sua deposizione sono accorsi giornali e tv di mezzo mondo. "Innazitutto, buongiorno. Accetto di rispondere", esordisce, con un pizzico di ironia, l'autore "sei o sette stragi, omicidi, sequestri di persona e altro".

Una prima assoluta. Anche se almeno tre procure fin qui - Caltanissetta, Palermo stessa, Firenze – lo avevano già sentito. Ma mai in un'Aula. Spatuzza dissimula perfettamente la tensione. E da come indugia su certi sicilianismi sembra persino compiaciuto. Parla di tutto. Anche della sua conversione. Quando decise "di abbracciare Dio e rinnegare Mammona". Della sua "missione": "Restituire verità alla storia". Dei timori: "Bisogna vedere le date, nel momento in cui inizio i colloqui mi trovo come primo ministro Berlusconi e come ministro della Giustizia uno che io vedevo come un vice di Dell'Utri".

Ci vogliono quattro ore perché il racconto del pentito si dipani tutto. Dalla strage di Capaci - "per cui, me ne vergogno, ma abbiamo gioito" - al fallito attentato allo Stadio Olimpico. Dall'appoggio ai socialisti: "Nell'87 Giuseppe Graviano mi disse che dovevamo sostenere i candidati socialisti alle elezioni, il capolista era Claudio Martelli. A Brancaccio facemmo di tutto per farli eleggere e i risultati si videro: facemmo bingo". Ai rapporti della famiglia Graviano con Berlusconi e dell'Utri. Il pentito li cita esplicitamente. A parlargli di loro è il boss di Brancaccio, Gisueppe Graviano, "un padre per me". È l'inizio della famosa "trattativa" di cui parla Spatuzza. Sullo sfondo, una scia di sangue e di morti da far rabbrividire: San Giorgio al Velabro, via dei Georgofili, via Palestro...

Tutto ha inizio con un incontro al Bar Doney, a via Veneto. È il '94. "Giuseppe Graviano (il boss di Brancaccio ndr) indossava un cappotto blu, aveva un atteggiamento gioioso, come se gli fosse nato un figlio", racconta Spatuzza: "Mi dice che avevamo chiuso tutto e ottenuto quello che cercavamo, grazie alla serietà delle persone che portavano avanti questa cosa e che non erano come quei quattro crasti dei socialisti che si erano presi i voti e poi ci avevano fatto la guerra". Chi erano quelle persone? In quella occasione, spiega Spatuzza "Graviano mi parla di Berlusconi. Quello del Canale 5? Sì mi rispose Graviano. Mi disse che c'era anche un nostro compaesano Dell'Utri e che grazie alla serietà di queste persone ci avevano messo il paese nelle mani".

Prima ancora, però, c'era stato un altro incontro tra Graviano e Spatuzza. Località Campo Felice di Roccella. Siamo alla fine del '93, dopo gli attentati di Roma, Firenze e Milano. "Ci stiamo portando appresso morti che non ci appartengono", racconta di aver detto a Giuseppe Graviano Gaspare Spatuzza, in quell'occasione. La risposta di Graviano fu: "È bene che ce li portiamo dietro, così chi si deve muovere si dà una smossa". Se gli attentati vanno a buon fine "ne avremo tutti dei benefici, compresi i carcerati". Chi era questa entità che si doveva dare una smossa?, gli domanda il procuratore di Palermo Nino Gatto. "Graviano allora non me lo disse".

"È solo a Campo Felice che apprendo dell'esistenza di una trattativa", spiega Spatuzza. "Ed è solo al Bar Doney che apprendo i nomi di Berlusconi e Dell'Utri", ribadisce agli avvocati della difesa, che cercano di inchiodarlo alle contraddizioni. E con i giudici quei nomi non li fa prima del giugno 2009, ribandisce. "Non in relazione alle stragi, prima avevo solo disseminato degli indizi".

Indizi. Come la Standa a via Brancaccio. O la storia del cartelli pubblicitari, che – secondo Spatuzza – portano dritti a Berlusconi e Dell'Utri. "Non parlo per un sentito dire al mercato ortofrutticolo, per Graviano è un padre".

Poi trasformati in vere e proprie accuse contro Berlusconi e dell'Utri. "Voglio contribuire alla verità storica", assicura Spatuzza.

Menzogne, accuse folli, spazzatura, attacchi mafiosi, dice il coro che si leva a difesa del Cavaliere. Intanto però anche Palazzo Chigi trema. E l'affaire Spatuzza finisce dritto-dritto in Consiglio dei ministri. "È folle quello di cui mi accusano, sono cose incredibili: il nostro è il governo che ha fatto di più contro la mafia", tuona Berlusconi, spronando i suoi alla reazioni. Maroni, in particolare. A cui chiede per l'ennesima volta di elencare i risultati dell'esecutivo nella lotta alla criminalità. Intanto parte il fuoco di fila delle dichiarazioni. Capezzone e Gasparri fanno a gara. "Un circo che sputtana il paese", dice l'ex radicale. "Altro che Spatuzza spazzatura", tenta il gioco di parole l'ex colonnello di An. Bonaiuti assicura: "La mafia attacca Berlusconi perché lui l'ha combattuta più di chiunque altro".

Seduta aggiornata al prossimo 11 dicembre, quando al processo Dell'Utri, che per quel giorno avrà fatto ritorno a Palermo, saranno sentiti i boss tirati in ballo da Spatuzza. Dai fratelli Graviano a Cosimo Lo Nigro. E il suo racconto sarà verificato con le loro testimonianze.

05 dicembre 2009

 

 

 

 

Minzolini: "Le balle di Spatuzza hanno danneggiato l'Italia"

Il direttore del Tg1, Augusto Minzolini, torna in video per un editoriale, dopo le polemiche dell'ottobre scorso, intervenendo dopo la deposizione di oggi del boss Filippo Graviano che al processo a Marcello Dell'Utri ha smentito il pentito Gaspare Spatuzza.

Minzolini ha parlato di una "deposizione trasmessa in mondovisione e senza riscontri" che "una settimana dopo è stata smentita". Ma, ha proseguito "per sette giorni quelle balle sono andate in giro e hanno danneggiato l'immagine del presidente del consiglio e quindi dell'Italia". Questo perchè "a chi ha sparato in passato con la lupara è stato consentito di sparare con le deposizioni". Il direttore del Tg1 ha poi ricordato il caso di Giulio Andreotti: era già capitato con lui, ha detto, "ci ha messo più di dieci anni per liberarsi della leggenda del bacio a Riina, ed è stato danneggiato non solo l'interessato ma anche il Paese".

Per Minzolini "il caso Spatuzza è solo l'ultima prova, ma l'elenco è infinito, del fatto che nel nostro sistema giudiziario c'è qualcosa di sbagliato. Le polemiche su questioni di forma - ha concluso - non devono impedire di guardare ai problemi veri, e la riforma della giustizia è uno di questi".

11 dicembre 2009

 

 

 

La Rai blocca i televoto e le docufiction di Santoro

di Gregorio Panetutti gli articoli dell'autore

Stop all’uso di docufiction e del televoto su vicende giudiziarie in corso nei programmi di approfondimento informativo: è il senso di una lettera che il direttore generale della Rai Mauro Masi ha inviato a tutti i direttori di reti e testate. La missiva arriva all’indomani dell’ampio dibattito sull’informazione del servizio pubblico che si è svolto in cda. Il senso del documento di Masi: "Abbiamouncodice di autoregolamentazione in materia che parla chiaro. E la Suprema Corte è chiara in tema di rivisitazione televisiva di fatti delittuosi oggetto di indagini o di processo. E il Cda è d’accordo: a tutela dell’interesse dell’azienda, non è consentita la diffusione in qualunque trasmissione di approfondimento informativo del palinsesto Rai di cosiddette "docu-fiction" e/o "docu-drama" o comunque ricostruzioni con attori nonchè "televoti" che abbiano ad oggetto tematiche connesse a procedimenti giudiziari in corso".

Il presidente della Rai Paolo Garimberti ha confermato l’unanimità d’intenti del Cda. "Sulle docufiction e i televoti sui processi in corso - ha detto Garimberti - Masi ha messo in pratica le indicazioni editoriali del consiglio e questa è una cosa pacifica". Le docufiction trasmesse da Santoro sui processi in corso, quindi, non dovranno più essere fatte, ripete il presidente della Rai. Cosìcomeil televoto nella trasmissione : Il fatto del giorno, la cui conduttrice - Monica Setta - si dice "finalmente libera dal televoto ". L’ha presa peggio Santoro, che anche giovedì sera ha fatto ricostruire da attori i processi sui rapporti fra Stato e mafia: "Mentre esistono chiare normative che impediscono l’uso del televoto o dei sondaggi su vicende giudiziarie non ci risulta che vi siano leggi, sentenze o regolamenti di qualsivoglia autorità che impediscano di fare cronaca giudiziaria con l’uso di attori. Siamo convinti che sia necessario tutelare il diritto di cronaca, la libertà di espressione e la creatività di ogni trasmissione ".

12 dicembre 2009

il SOLE 24 ORE

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2009-12-12

Al processo Dell'Utri i boss

smentiscono il pentito Spatuzza

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11 dicembre 2009

"Dai nostri archivi"

Mafia, depone Spatuzza e cita Silvio Berlusconi

Mafia, depone Spatuzza e cita Silvio Berlusconi

A Torino la "bomba" Spatuzza

Spatuzza: l'avvocato Li Gotti: attesa esagerata

IDEE / L'Italia una repubblica fondata sul complotto

"Non ho mai detto a Spatuzza di attendermi aiuti". Così il boss Filippo Graviano rispondendo in videoconferenza ai giudici durante la sua deposizione nel processo a Marcello Dell'Utri, smentisce le dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza che aveva sostenuto: "Se non arriva niente da dove deve arrivare, allora é il caso che incominciamo a parlare con i pm".

"Non ho mai conosciuto il senatore Dell'Utri nè direttamente nè indirettamente e quindi non ho mai avuto rapporti con lui" ha detto il boss Filippo Graviano al termine della sua deposizione rispondendo a una domanda della Corte d'Appello di Palermo. "Nel '94 (periodo in cui, secondo Spatuzza, i Graviano avrebbero avuto assicurazioni da settori della politica ndr) - ha aggiunto Filippo Graviano - non c'era nessuno che doveva farmi promesse, perchè io all'epoca dovevo scontare solo quattro mesi di carcere. Perchè avrei dovuto chiedere aiuto?". "E poi - ha proseguito il boss - il discorso con Spatuzza sarebbe avvenuto nel 2004. Da allora sono passati cinque anni, se avessi voluto consumare una vendetta lo avrei già fatto. Ma queste cose mi sono estranee".

Le dichiarazioni del pentito Spatuzza vengono smentite anche da altri esponenti di Cosa Nostra come il boss Cosimo Lo Nigro. "Non sono mai stato a Campofelice di Roccella e i Graviano li ho conosciuti solo in carcere". Lo Nigro ha smentito, dunque, quanto riferito dal pentito Gaspare Spatuzza che ha raccontato di avere partecipato, alla fine del '93, a un incontro con Giuseppe Graviano e Cosimo Lo Nigro nel corso del quale il capomafia di Brancaccio gli avrebbe detto che era necessario fare l'attentato contro i carabinieri allo Stadio Olimpico di Roma "così chi si deve dare una mossa, se la dà". Frase che il pentito interpretò come riferita a una trattativa in corso tra la mafia e una parte della politica che, proprio un nuovo eccidio, avrebbe dovuto accelerare.

Fini: la deposizione di Graviano dimostra che occorre aver fiducia nella magistratura

Sulla vicenda è intervenuto anche Gianfranco Fini, presidente della Camera: "La deposizione di Graviano dimostra che occorre avere fiducia nella volontà e nella capacità della magistratura di accertare la verità".

11 dicembre 2009

 

 

 

Minzolini: "Le balle di Spatuzza danneggiano l'Italia"

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11 dicembre 2009

Augusto Minzolini

"Dai nostri archivi"

L'editoriale del direttore del Tg1 Augusto Minzolini

Al processo Dell'Utri i boss smentiscono il pentito Spatuzza

Minzolini al Tg1: "L'abolizione dell'immunità è un "vulnus" alla Costituzione"

Mafia, depone Spatuzza e cita Silvio Berlusconi

Mafia, depone Spatuzza e cita Silvio Berlusconi

Il direttore del Tg1 Augusto Minzolini ha scelto ancora una volta i temi giudiziari, in particolare il caso del processo a Marcello Dell'Utri e la deposizione del boss Filippo Graviano che ha smentito il pentito Gaspare Spatuzza, per tornare in video con un editoriale nell'edizione delle 20 del Tg1 e invocare la riforma della giustizia.

Puntuale è scoppiata la polemica: Pd e Idv accusano il direttore del Tg1 di fare da "megafono" al governo e al premier Berlusconi, il Pdl lo difende.

Seduto come sempre alla sua scrivania, Minzolini si è chiesto se l'eco data alle parole di Spatuzza si "poteva evitare": "Forse sì - ha risposto - se si fosse seguita alla lettera la legge sui pentiti". Poi ha citato il caso di Giulio Andreotti, che "ci ha messo più di dieci anni per liberarsi della leggenda del bacio a Riina, ed è stato danneggiato non solo l'interessato ma anche il Paese". Per Minzolini "il caso Spatuzza è solo l'ultima prova, ma l'elenco è infinito, del fatto che nel nostro sistema giudiziario c'è qualcosa di sbagliato. Le polemiche su questioni di forma - ha concluso - non devono impedire di guardare ai problemi veri, e la riforma della giustizia è uno di questi".

Il primo a scendere in campo contro l'editoriale è stato Paolo Gentiloni, presidente del forum Comunicazioni del Pd: "Evidentemente Minzolini non si è accorto di essere il direttore del maggiore telegiornale del servizio pubblico, crede di essere alla guida del Giornale o di Libero. Lo informiamo che la Rai non è ancora di proprietà di Berlusconi o dei suoi amici".

Roberto Zaccaria ha parlato di editoriale "pericoloso" perchè tenta di "schierare il Tg1 come un giornale di parte". Per Pancho Pardi, capogruppo del Pd in Vigilanza, "Minzolini non è il direttore del più importante telegiornale italiano, ma avvocato difensore e soprattutto megafono di Berlusconi". E il segretario Usigrai, il sindacato dei giornalisti Rai, Carlo Verna ha definito Minzolini "un corpo estraneo al servizio pubblico".

Dal Pdl ha replicato il portavoce, Daniele Capezzone: "Gli attacchi contro Augusto Minzolini sono ormai indecenti. Secondo i signori della sinistra la libertà di parola vale per tutti tranne che per Minzolini?". Per il capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto, "i paladini della libertà di stampa del centrosinistra vogliono imbavagliare Minzolini. Ad essi va bene solo un'informazione al loro servizio". E Giorgio Lainati, vicepresidente della Vigilanza, ha bollato l'atteggiamento dell'opposizione come "la 'spedizione punitiva' di chi vorrebbe negare anche al direttore del Tg1 la possibilità di parlare sempre e comunque nel rispetto dei telespettatori e degli abbonati al servizio pubblico".

Anche i precedenti editoriali di Minzolini avevano suscitato polemiche: da quello di insediamento sul gossip e sull'inchiesta di Bari, all'intervento contro la manifestazione per la libertà di informazione a quello, più recente, sull'immunità parlamentare.

11 dicembre 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

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